Conferito a Josè Pulido il Premio Internazionale d’Eccellenza “Città del Galateo” per la Poesia e la Letteratura di VerbumlandiArt insignito della Medaglia del Presidente della Repubblica
Si è svolto al Centro PIME di Milano la XI edizione del Premio Internazionale d’Eccellenza “Città del Galateo Antonio De Ferrariis 2024″ promosso dall’Associazione Culturale Internazionale VerbumlandiArt. Il Premio, conferito nelle scorse edizioni nella città di Roma, ha raggiunto Milano, capitale mondiale della moda e del design, sede della Borsa Italiana, noto polo finanziario ed economico.
Il Comitato scientifico dell’Associazione Culturale VerbumlandiArt-Aps, nell’ambito della XI Edizione Milano 2024 del Premio Internazionale d’Eccellenza “Città del Galateo-Antonio De Ferrariis”, ha insignito del Premio d’Eccellenza per la Poesia e la Letteratura il poeta, scrittore e giornalista Josè Pulido.
Josè Pulido, venezuelano e Membro del Circolo degli Scrittori del Venezuela, è considerato nell’ambito del mondo letterario ispanoamericano un Poeta Mayor, un vero e proprio Maestro della Parola. E come tutti i “cultori della Parola”, ha al suo attivo, oltre che libri di poesia, anche romanzi, articoli, editoriali e interviste ai più importanti letterati di fama internazionale. Originario quindi del Venezuela ed attualmente in Italia per via della situazione politica venezuelana, nella sua Terra è stato anche giornalista e Direttore di Quotidiani di Caracas al pari dei nostri più prestigiosi quotidiani nazionali italiani.
Amante come Antonio De Ferrariis della lingua spagnola e della poesia, umanista, cronista, Josè Pulido è insignito del Premio d’Eccellenza per la Cultura e l’Impegno Sociale per il suo impegno nel promuovere internazionalmente la cultura come “arte della parola”, pilastro fondamentale per il progresso e il benessere della società, attraverso la poesia e la letteratura.
Il Premio “Antonio de Ferrariis” è insignito della Medaglia del Presidente della Repubblica con i Patrocini Morali del Senato della Repubblica, della Camera dei Deputati, della Regione Lombardia e Città di Milano.
Conferito a Josè Pulido il Premio Internazionale d’Eccellenza “Città del Galateo” per la Poesia e la Letteratura
Ph. Frenado David
De Ferrariis fu noto umanista salentino, erudito di vasta cultura, uno dei più celebri scrittori del XV secolo, filosofo, storico, filologo, matematico, geografo, grecista e medico. A Lecce, dove morì nel 1517, istituì un’Accademia sul modello della ‘Pontaniana’ di Napoli, una delle primissime fondate in Europa.
Il Premio è organizzato è gestito dalla Associazione Culturale Internazionale VerbumlandiArt APS’ di Galatone, che ha come mission creare un ponte tra culture diverse. VerbumlandiArt è presieduta dalla scrittrice e poetessa Regina Resta, dinamica operatrice culturale, poetessa, scrittrice e critico letterario. Presidente Onorario è il prof. Francesco Lenoci, docente della Università Cattolica di Milano. Sponsor ufficiale della XI edizione del Premio Letterario, l’Editore Giuseppe Laterza di Bari.
L’evento è stato presentato, nella prima parte, dai poeti Francesco Nigri ed Hebe Munoz, nella seconda parte da Stanislao Liberatore e Maria Pia Turiello.
Tra gli ospiti, personalità provenienti da diversi Paesi e da diversi mondi: dalla letteratura al giornalismo, dalla giurisprudenza alla politica, dalle forze dell’ordine alla medicina, dalla moda allo sport. Una cerimonia di altissimo livello con diverse sezioni a tema, sia per gli autori italiani che stranieri.
Tre i giornalisti premiati da Roberto Sciarrone saggista, direttore responsabile della rivista culturale Verbum Press, responsabile ufficio stampa per l’Università degli Studi di Roma UnitelmaSapienza, Mimmo Mazza, direttore responsabile de La Gazzetta del Mezzogiorno, Domenico Interdonato, scrittore e Presidente di Unione Cattolica Stampa Italiana Ucsi Sicilia, militare di carriera con missioni internazionali, e Francesca Maccaglia, giornalista radio-televisiva dell’emittente TeleOrte, collaboratrice di alcune testate online, anglista, archivista vaticana ed esperta green.
Tra i premiati Gilberto Pichetto Fratin – Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Attilio Fontana – Presidente Regione Lombardia, Elena Lucchini – Assessore alla Famiglia Solidarietà sociale Disabilità e Pari opportunità, Vincenza Rando – Senatrice, Presidente del Comitato Cultura della legalità e Vicepresidente nazionale LIBERA, Fabio Roia – Presidente Tribunale di Milano, Bruno Megale – Questore di Milano.
Conferito a Josè Pulido il Premio Internazionale d’Eccellenza “Città del Galateo” per la Poesia e la Letteratura
Ph. Frenado David
Ph. Frenado David
Ph. Frenado David
José Pulido
Ph. Gabriela Pulido
Poeta, scrittore e giornalista venezuelano, nato a Villa de Cura il 1º novembre 1945. Attualmente vive a Genova, città d’Italia.
È stato responsabile della rivista BCVCultural della Banca Centrale del Venezuela fino al 2012. E dalla rivista Circonvallazione del Sud edita dal Circolo Metropolitano di poesia, 2008.
Ha diretto le pagine d’arte de El Nacional (1981-1988), El Diario de Caracas (1991-1995) e El Universal (1996-98).
Membro fondatore dei supplementi Bajo Palabra (Diario de Caracas-1995) e L’altro corpo (Supplemento dell’Ateneo di Caracas, in El Nacional-1997-1998). Caporedattore, sotto la direzione di Salvador Garmendia, della rivista Imagen (1994-1996).
Corrispondente dell’Agenzia Venezuelana di Notizie, Venpres in Perù, 1990. Corrispondente del l’Organizzazione degli Stati Ibero-americani (Scienza e Cultura)1992 e consulente del Museo d’Arte Contemporanea Sofia Imber. 1996.
Nel 2000 gli fu assegnato il Premio Municipale di Letteratura, Menzione Poesia, per il suo poemario Los Possedos.
Ha vinto il secondo premio Miguel Otero Silva di romanzo, che promuove la casa editrice Planeta, con il suo romanzo Una mazurkita in La mayor.
El Premio Internacional de Excelencia "Città del Galateo" de Poesía y Literatura de VerbumlandiArt fue concedido a Josè Pulido y recibió la Medalla del Presidente de la República
Ph. Frenado David
En el Centro PIME de Milán tuvo lugar la 11ª edición del Premio Internacional de Excelencia "Ciudad de Galateo Antonio De Ferrariis 2024" promovido por la Asociación Cultural Internacional VerbumlandiArt . El Premio, otorgado en ediciones anteriores en la ciudad de Roma, ha llegado a Milán, capital mundial de la moda y el diseño, sede de la Bolsa italiana, un conocido centro financiero y económico.
El Comité Científico de la Asociación Cultural VerbumlandiArt-Aps , en el marco de la XI Edición Milán 2024 del Premio Internacional de Excelencia “Città del Galateo-Antonio De Ferrariis” , otorgó al poeta el Premio a la Excelencia en Poesía y Literatura, escritor y periodista José Pulido .
Josè Pulido , venezolano y miembro del Club de Escritores Venezolanos , está considerado dentro del mundo literario hispanoamericano como un Poeta Maya , un auténtico Maestro de la Palabra. Y como todo "adorador de la Palabra", tiene en su haber, además de libros de poesía, también novelas, artículos, editoriales y entrevistas a los más importantes escritores de renombre internacional. Originario de Venezuela y actualmente en Italia debido a la situación política venezolana, en su tierra natal también fue periodista y director de periódicos en Caracas como nuestros más prestigiosos periódicos nacionales italianos.
Al igual que Antonio De Ferrariis, amante de la lengua española y de la poesía, humanista y cronista, José Pulido fue galardonado con el Premio a la Excelencia en Cultura y Compromiso Social por su compromiso con la promoción internacional de la cultura como el "arte de la palabra", pilar fundamental al progreso y bienestar de la sociedad, a través de la poesía y la literatura .
El Premio “Antonio de Ferrariis” se otorga con la Medalla del Presidente de la República con el Patrocinio Moral del Senado de la República, la Cámara de Diputados, la Región de Lombardía y la Ciudad de Milán .
El Premio Internacional de Excelencia de Poesía y Literatura “Città del Galateo” recayó en Josè Pulido
Ph. Frenado David
De Ferrariis fue un conocido humanista de Salento, un estudioso de una vasta cultura, uno de los escritores más famosos del siglo XV, filósofo, historiador, filólogo, matemático, geógrafo, erudito griego y médico. En Lecce, donde murió en 1517, fundó una Academia siguiendo el modelo de la Pontaniana de Nápoles, una de las primeras fundadas en Europa.
El Premio está organizado y gestionado por la Asociación Cultural Internacional VerbumlandiArt APS' de Galatone, que tiene la misión de crear un puente entre diferentes culturas. VerbumlandiArt está presidido por la escritora y poeta Regina Resta, dinámica operadora cultural, poeta, escritora y crítica literaria. El Presidente Honorario es el prof. Francesco Lenoci, profesor de la Universidad Católica de Milán. Patrocinador oficial de la 11ª edición del Premio Literario, el editor Giuseppe Laterza de Bari.
El evento fue presentado, en la primera parte, por los poetas Francesco Nigri y Hebe Muñoz, en la segunda parte por Stanislao Liberatore y Maria Pia Turiello.
Entre los invitados, personalidades de diferentes países y diferentes mundos: de la literatura al periodismo, del derecho a la política, de las fuerzas del orden a la medicina, de la moda al deporte. Una ceremonia de muy alto nivel con diferentes secciones temáticas, tanto para autores italianos como extranjeros.
Tres periodistas fueron premiados: Roberto Sciarrone, ensayista, redactor jefe de la revista cultural Verbum Press, jefe de la oficina de prensa de la Universidad de Roma UnitelmaSapienza, Mimmo Mazza, redactor jefe de La Gazzetta del Mezzogiorno, Domenico Interdonato , escritora y presidenta de la Unione Cattolica Italian Press Ucsi Sicilia, militar de carrera con misiones internacionales, y Francesca Maccaglia, periodista de radio y televisión de la cadena TeleOrte, colaboradora de algunos periódicos en línea, anglicista, archivera vaticana y ecologista.
Entre los ganadores se encuentran Gilberto Pichetto Fratin – Ministro de Medio Ambiente y Seguridad Energética, Attilio Fontana – Presidente de la Región de Lombardía, Elena Lucchini – Consejera de Familia, Solidaridad Social, Discapacidad e Igualdad de Oportunidades, Vincenza Rando – Senador, Presidente de Cultura de Comité de Legalidad y Vicepresidente Nacional LIBERA, Fabio Roia – Presidente del Tribunal de Milán, Bruno Megale – Comisario de Policía de Milán.
José Pulido
Dra. Gabriela Pulido
Poeta, escritor y periodista venezolano, nacido en Villa de Cura el 1 de noviembre de 1945. Actualmente reside en Génova, ciudad de Italia.
Miembro de la Academia Venezolana de la Lengua y del Colegio Nacional de Periodistas.
Fue responsable de la revista BCVCultural del Banco Central de Venezuela hasta 2012. Y de la revista Circonvallazione del Sud publicada por el Club de Poesía Metropolitano, 2008.
Dirigió las páginas de arte de El Nacional (1981-1988), El Diario de Caracas. (1991-1995) y El Universal (1996-98).
Miembro fundador de los suplementos Bajo Palabra (Diario de Caracas-1995) y El Otro Cuerpo (Suplemento de la Universidad de Caracas, en El Nacional-1997-1998).
Redactor jefe, bajo la dirección de Salvador Garmendia, de la revista Imagen (1994-1996).
Corresponsal de la Agencia Venezolana de Noticias, Venpres en Perú, 1990. Corresponsal de la Organización de Estados Iberoamericanos (Ciencia y Cultura) 1992 y consultor del Museo de Arte Contemporáneo Sofía Imber. 1996.
En 2000 recibió el Premio Municipal de Literatura, Mención Poesía, por su poema Los Poseídos.
Ganó el segundo premio de novela Miguel Otero Silva, que impulsa la editorial Planeta, con su novela Una mazurkita en La mayor.
Carlos Giménez salía de una llamada telefónica y entraba en otra. No descansaba. Lo llamaban desde todos los continentes. Para el Festival Internacional de Teatro había invitado a Vanessa Redgrave, pero por inconvenientes en la política inglesa que afectaban su agenda, ella no podría asistir a la reunión de Caracas en aquella ocasión. Le comenté a Carlitos que me hubiese gustado entrevistarla. Y Carlitos, sencillamente, levantó el teléfono y dijo: -Good afternoon, dear, ¿could you talk to a friend for a moment? ¿Yeah? thank you. I kiss you.
Y sin dejar de revisar carpetas me pasó el teléfono. Era Vanessa Redgrave.
Él siempre nos sorprendía con sus amistades. En una ocasión bebimos cerveza con integrantes del Citizen's Theatre de Glasgow (Escocia), entre quienes destacaba un actor y guionista inglés que todavía no había tenido el éxito que merecía y que mucho después se transformó en uno de los actores y directores fulgurantes del cine internacional: Gary Oldman.
Oldman actuaba en la obra Chinchilla, del Citizen's Theatre y once años después de estar en Caracas, protagonizó la película Drácula, dirigida por Francis Ford Coppola y acompañado por Anthony Hopkins, Keanu Reeves y Winona Ryder.
Gracias a Carlitos, hablé con Arthur Miller y con tantos otros seres del teatro, como Tamas Fodor quien llevó a Caracas la obra “Woyzeck”, con el grupo Studio “K” y la presentó en la sala Rajatabla. “Woyzeck” es una obra escrita por Georg Büchner en 1836, y ha sido considerada como la primera pieza, realmente moderna, del teatro.
Gracias a él entrevisté a Lindsay Kemp, un artista inspirado por el circo antiguo, Isadora Duncan y el amor a Inglaterra que Lindsay manifiesta a través de Shakespeare.
También me invitó a una reunión con Tadeusz Kantor, el genio creativo del Cricot 2. Recuerdo que Kantor estaba sentado en silla de utilería, cerca de una mesa de utilería y frente a un vaso de agua verdadero. Le acompañaban María Teresa Castillo, Carlos Giménez y Andrés Martínez.
Carlos Giménez era como una emanación del teatro y de la poesía que consolidó el universo de William Shakespeare. Su conversación era muy culta pero además poseía una especie de comprensión profunda de las cosas, de los comportamientos humanos y de la poesía. En especial: tenía la cualidad de captar lo que otros no veían, esa especial característica que a veces aparece en cualquier expresión artística y que han llamado duende. El duende. Carlos sabía reconocerlo antes de que sucediera.
Tal vez por eso descubría talentos. Y calaba hondamente en todos los seres que viven en el ámbito de la escena teatral y de la cinematografía. Hubo instantes en que su voz y el teatro eran lo mismo.
Por eso no era de extrañar que los mejores se acercaran a su persona tan carismática o permitieran que él se les acercara: Carlos Giménez era uno de los más grandes talentos que ha tenido el teatro en el siglo veinte.
ESTREMECÍA
Hace poco tiempo Carlos Giménez estremecía y emocionaba los escenarios montando obras de teatro que se convertían en acontecimientos de la cultura latinoamericana. Quienes fueron espectadores de aquella época teatral sienten que eso fue ayer nomás. Pero en realidad, los años pasaron como una angustiosa tromba, tan aprisa, que hoy, cuando se menciona el nombre de Carlos Giménez, muy pocos individuos de las nuevas generaciones saben de quién se está hablando y por qué. El olvido es una injusticia.
Sin embargo, la memoria que envuelve como una matriz a Carlos Giménez, está allí, consolidándose en hemerotecas y bibliotecas, en la historia del teatro mundial y latinoamericano. Y siempre habrá alguien transitando los ámbitos de los archivos y los recuerdos. Alguien que perennemente se encontrará con Carlitos y sus hazañas en el arte y lo mencionará y lo hará renacer.
Con su trabajo elaborado en un nivel que suscitaba admiración y asombro, Carlos Giménez logró que resultara imposible olvidar su obra y su carismática persona. El día que captó la atención de una creadora llamada Viviana Marcela Iriart, se puso en marcha la maravilla de incorporar la palabra del espectador al proceso mágico y emocional del teatro.
Transcurrieron los años sin ese teatrero portentoso y siguen transcurriendo con ese vacío, pero ahora Viviana se ha dedicado a buscar la opinión de muchos latinoamericanos sobre lo realizado por Carlos Giménez en el teatro, y muy particularmente en la escena venezolana.
Ella ha logrado que mucha gente saque a relucir sus recuerdos, sus vivencias con Giménez y eso enriquece esta memoria y ahuyenta el olvido. Porque cada persona escogida conoció a Carlitos, lo trató, lo vivió como una temporada dinámica, transformadora y muy especial del arte escénico.
Leonardo Azparren Jiménez dijo algo tan auténtico y sincero que vale la pena reproducirlo aquí:
"La muerte de Carlos Giménez significó para el teatro la pérdida de su dirigente más importante y más temido, incluso por las instancias gubernamentales. Porque más allá de su labor como director, que fue sumamente importante porque nadie pudo ser y nadie podrá ser indiferente a sus criterios sobre la puesta en escena y sobre la forma como él construía sus espectáculos, supo ser un gran dirigente con una marcada influencia social. De tal manera que el teatro venezolano no ha vuelto a tener una persona como él. Yo, que lo critiqué duro y que la gente en el mundo del teatro sabía que no había una sintonía buena entre nosotros dos, reconozco que su ausencia es una de las peores cosas que le ha ocurrido al teatro venezolano”.
En medio de sus reflexiones honestas y certeras, Marta Candia dijo “Hola Carlitos, no estoy recordándote porque siempre estás en el tiempo que pasa tan rápido...”. Y por su parte, Sonia Martin también le habló al hombre y su recuerdo: “Viniste a este mundo a hacer lo que tenías que hacer y lo has hecho perfecto. Te puedes ir con tranquilidad y los honores te los pondremos nosotros, los que te admiramos”.
Cada persona motivada por Viviana Marcela Iriart, fue haciendo un retrato de Giménez, un perfil revelador y eso se verá, más temprano que tarde, como un álbum valioso de la familia latinoamericana. No hay alabanzas inmerecidas ni descripciones exageradas: sólo reconocimientos de un espíritu y de una obra colocados en la justa balanza del arte.
Pilar Romero, una de las mejores amigas y compañeras de teatro de Carlos Giménez en Venezuela expresó: “Es el gran ausente de la escena venezolana. En la época de los festivales internacionales estaba en Caracas –sin muchos recursos- el mejor teatro del mundo y Carlos siempre con su voz de mando decía ¡Puerta libre! Era teatro del primer mundo sin tener que costearnos caros pasajes a tierras lejanas. Fueron banquetes artísticos…Tenía una generosidad que se perdía de vista”.
La actriz Norma Aleandro, cuyo talento es recordado siempre en Venezuela, comentó lo siguiente sobre Carlos Giménez:
“Es imposible no sentir la ausencia de un ser semejante, que ha dejado una huella imborrable en la cultura de un país y del mundo”.
Carlos era un ser humano tan individual que brillaba en cualquier oscuridad y bajo las luminarias del más intenso encandilar. Pero sabía unir a las personas en torno a una idea sin que se convirtiesen en masa amorfa, porque nada le gustaba más que la libertad de pensar por sí mismo.
Carlos Giménez hablaba con el sonido fascinante de la verdad, que en teatro se vuelve poesía y termina invocando al espíritu de Shakespeare. Su tono alcanzaba en los corazones la potencia y la belleza de una trompeta idónea para el juicio final.
Nadie podría explicar con certera justicia por qué Carlos Giménez era tan creativo, inteligente y carismático, aunque la lectura constante y profunda tuvo mucho que ver. Pero ese modo de ser que no se detenía en obstáculos y que lograba despertar lo mejor de cada quién será siempre una virtud misteriosa.
Cuando falleció tenía 46 años de edad y una trayectoria inimaginable: había estremecido los escenarios de varios continentes con el grupo Rajatabla del Ateneo de Caracas. Se dirá, con mucha razón, que un año de Carlos Giménez equivalía a una década. Pero esa sensación solo persiste en el ánimo de quienes tuvieron el privilegio de ver las obras que él dirigía.
En una entrevista con Viviana Marcela Iriart, Carlos Giménez dijo:
“…Invariablemente hay temas que me preocupan como el aspecto de la intemporalidad: el teatro no es un video, no es una película, sino algo absolutamente transitorio en su esencia. Sabemos que cuando baja el telón hemos visto una función que no volverá a repetirse nunca jamás”.
Poeta, escritor y periodista venezolano, nacido en Villa de Cura, el 1° de noviembre de 1945. En 2023 fue electo miembro de la Academia Venezolana de la Lengua. Actualmente vive en Génova, ciudad de Italia. Estuvo a cargo de la revista BCVCultural, del Banco Central de Venezuela hasta el año 2012. Y de la revista Circunvalación del Sur editada por el Círculo Metropolitano de poesía, 2008. Dirigió las páginas de arte de El Nacional (1981-1988), El Diario de Caracas (1991-1995) y El Universal (1996-98). Miembro fundador de los suplementos Bajo Palabra (Diario de Caracas-1995) y El otro cuerpo (Suplemento del Ateneo de Caracas, en El Nacional-1997-1998). Jefe de redacción, bajo la dirección de Salvador Garmendia, de la revista Imagen (1994-1996). Corresponsal de Agencia Venezolana de Noticias, Venpres en Perú, 1990. Corresponsal de la Organización de Estados Iberoamericanos, (Ciencia y Cultura)1992; y asesor del Museo de Arte Contemporáneo Sofía Imber. 1996.
En el 2000 le fue otorgado el Premio Municipal de Literatura, Mención Poesía, por su poemario Los Poseídos. Obtuvo el segundo premio Miguel Otero Silva de novela, que promueve la editorial Planeta, con su novela Una mazurkita en La mayor.
BIBLIOGRAFÍA
Poesía: Esto, García Hijos, editores. 1971. Paralelo Lelo, García Hijos, editores. 1971. Los Poseídos, Ediciones Pavilo. 1999. Peregrino de vidrieras. Ediciones Pavilo. 2001. Duermevela. Ediciones Pavilo. 2004. Es coautor de los poemarios: Linajes. 1994. Vecindario. 1994. Cortejos. 1995. Invocaciones, 1996, editados por Ediciones Pavilo.
Narrativa: Muro de confesiones, entrevistas. Ediciones Academia de la Historia. 1985. Pelo Blanco, novela, Editorial Planeta. 1987. Una mazurkita en La Mayor, novela, Premio Otero Silva, de Planeta, 1989. Vuelve al lugar que se te ha señalado, cuentos. Ediciones Contraloría General de la República. Un cuento de este libro fue publicado en Narrativa venezolana attuale, Bulzoni Editore, Roma) (1995) (Consiglio Nazionale delle ricerche). A cura di Judit Gerendas e José Balza. Ulzoni Editore-Roma. 1995. Los Mágicos, novela, Monte Ávila. 1999. La canción del ciempiés, novela, Editorial Alfadil. 2004. La sal de la tierra, entrevistas, Banco Central de Venezuela, 2004. El bululú de las Ninfas, novela, Editorial Alfa, Colección Orinoco, 2007. Dudamel, la sinfonía del barrio, biografía, Libros de El Nacional. 2011. El requetemuerto, novela, Ediciones B. 2012. Los héroes son villanos tímidos, cuentos, 2013 Otero Ediciones. Forma parte de la Antología en homenaje a Miguel de Unamuno, XV Encuentro de Poetas Iberoamericanos, Salamanca 2012 Luis Domínguez Salazar: El pintor de los misterios, biografía. 2013. Ponzoña de paisaje, novela. 2015, Editorial Negro sobre Blanco. Forma parte de la Antología Por ocho centurias, XXI Encuentro de Poetas Iberoamericanos. Antología en homenaje a las universidades de Salamanca y San Marcos de Lima, y a los poetas Diego de Torres Villarroel y Alejandro Romualdo) Salamanca 2018. Invitado al Festival Internacional de Poesía de Génova en 2018. Desde el 2018 el Papel Literario de El Nacional publica las entrevistas que ha realizado a creadores y artistas desde hace más de treinta años en Serie José Pulido pregunta.
“Me gustaría que
la lucha termine pronto. Por el bien de
toda la gente
inocente: tanto israelíes como palestinos”
Estoy conmocionada. Es la primera vez que entrevisto a
una persona mientras su país es atacado por cientos de misiles terroristas y el
mundo no dice nada porque los misiles sólo buscan asesinar a personas
judías.Una persona cuyo país está en
guerra.
Pero Nava nunca se quejó, ni una sola condena ni un solo
lamento salió de sus labios. Nava respondía cordialmente mis correos
electrónicossin hacer menciónala
terrible situación que estaba viviendo.
No me atreví a preguntarle cómo estaba hasta que un misil
cayó en Tel Aviv, su ciudad.Y entonces
Nava respondió con la misma entereza y calidez de sus correos anteriores (y me
conmovió y me hizo admirarla): “Estamos bien, muchas gracias por tu
preocupación”.
Ni siquiera cuando me contó, porque le pregunté,que su hijo había sido convocado como
reservista al día siguiente, Nava
condenó a sus agresores: agradeció que a su hijo no le tocara ir al frente de batalla.
Y no sé por qué imaginaba que después de escribirme esas
cartas tan tranquilizadoras, casi siempre de noche, Nava buscaba un rincón
solitario, apoyaba apenas su frente contra la pared y dándole la espalda a la
guerra, dos o tres lágrimas rodaban por su rostro, en silencio,en el único silencio que los misiles
atravesando su cielo le permitían: un silencio interior.
Y es de noche aquí mientras escribo, el cielo está
estrellado, la luna crece y las ranas croan pidiendo lluvia porque el verano se
acerca y hace calor. Sólo un avión de pasajeros surca el aire y es uno en toda
la noche.Aquí es el campo. Aquí
haysilencio y hay paz.
Y entonces pienso en el
cielo de Nava violado por cientos de misiles terroristas. Pienso en la noche de
Nava aterrorizada por el sonido de las sirenas. Pienso en las estrellas
de Nava desesperadas por el fuego. Pienso en la luna de Nava escondida por el miedo.
Y pienso en Nava que es todas las mujeres y todos los hombres, todas las
infancias y todas las juventudes, encerrada en un refugio
antiaéreo, con los ojos muy abiertos porque no se puede dormir cuando desde el
cielo cae la muerte, y lloro.
Nava Semel con su madreMimi Artzi, sobreviviente de Auschwitz
“Tuvimos que convertirnos en los protectores de nuestros padres
contra los peligros de la memoria.”
Nava, Jane Fonda quedó tan impactada por tu novela que mientras la leía, cuenta el periodista Daniel Weizmann: “ella miró al techo y con su voz característica y suplicante expresó “¿Cómo
contar la historia?”
¿Como te sientes con este reconocimiento? ¡Es Jane Fonda! ¿Y cómo te
sientes con el hecho de que tu novela fuera elegida para clausurar este
histórico evento?
Yo estoy muy
emocionada y honrada. Siento que un ciclo se ha cerrado finalmente. En junio de
1980 Jane Fonda visitó Israel como huésped del Teatro Haifa. Fue invitada para
relanzar un programa educativo teatral en un barrio pobre. Mi esposo Noam Semel
era el director general del Teatro Haifa en esa época y fue su anfitrión
durante su estadía en Israel. Un día el me preguntó si podía acompañar a Ms. Fonda
en un viaje en auto desde Tel Aviv a Haifa. Yo era joven en ese entonces y muy
tímida; al principio me excusé pero mi esposo insistió. En el trayecto Ms.
Fonda me empezó a preguntar sobre la cicatriz del Holocausto en mi familia. Era
como si ella, de alguna manera, lo hubiera presentido. Ella me habló acerca de
su amiga de Los Ángeles cuyas memorias de repente recordó. De repente mi corazón
se abrió. Estaba maravillada porque nunca había hablado sobre mi triste
infancia y el término “Segunda generación” no existía aún.
Yo me abrí a
Ms. Fonda como nunca antes lo había hecho y fue la primera vez en mi vida que
las palabras “Soy la hija de una sobreviviente del Holocausto” vinieron a mis
labios. Esta experiencia fue tan profunda que 4 años después escribí la
historia “Un paseo con Fonda”, publicada en 1985 en mi colección de relatos Hat of Glass, el primer libro israelí en prosa que se ocupaba del tema de la Segunda Generación.
Siempre sentí
que Jane Fonda encontró la llave misteriosa oculta en mi cicatriz y me ayudó a abrir ese pozo oscuro.
Ahora, 25 años
después, nuestros pasos se volvieron a encontrar.
¿Estuviste allí?
Yo lamento muchísimo
haberme perdido el evento. Pero acababa de regresar unos días antes de un tour
de libros por Italia durante 10 días y estaba tan agotada que no podía viajar
otra vez.
¿Qué estabas haciendo en Italia?
And the Rat Laughedsalió en enero 2012 así que
fui invitada como huésped conferencista en la Universidad de Milán.
Como recién había publicado un nuevo libro en hebreo que transcurre durante la ocupación nazi en Italia,
también fui invitada a hablar sobre ello en Turín. Mi última parada fue en la Universidad de
Calabria, al sur de Italia, donde participé en una conferencia de dos días
donde hablé sobre el Holocausto.
Cuál es la historia deAnd the Rat Laughedque impactó tanto a Jane Fonda como a la audiencia? Quizás porque And the Rat Laughedes un libro único. A diferencia de otros
libros relacionados con el Holocausto que se enfocan sobre los horrendos hechos
históricos, esta novela trata sobre el acto de recordarlos. Se parece a una
carrera de relevo donde los personajes se transfieren la memoria unos a otros. La novela fue aclamada por el
uso de recursos literarios originales y se convirtió en un hito en la
exploración del acto mismo de la memoria. Ojalá pudiera oír la bella voz de Jane
Fonda. Cómo ella seplantea lapregunta en nombre demiprotagonista: ¿Cómo
contar la historia?
¿Es que la
historia cambia mientras la recordamos? ¿Cómo recordará nuestro próximo destinatario
la historia vista desde su propio camino individual? ¿Es el arte la única vía
para transferir la memoria emocional?
Yo estoypreocupadapor estaspreguntas, buscandorespuestas enmis libros. And the Rat Laughedtrata sobre la influencia de uno de los más horrendos
capítulos en la historia de la humanidad y de la relación del hombre con Dios y
la comprensión de la naturaleza humana, sobre
la necesidad de olvidar para sobrevivir y en la necesidad de recordar, a pesar
de todo.
El personaje
de tu novela es una niña de 5 años, víctima de los nazis y de la violación de un
hombre católico. ¿Es una historia verdadera?
No, es pura
ficción. A pesar de que siempre asumí que casos similares ocurrieron en esos
oscuros días. El libro comienza el último día de 1999 en Tel Aviv, cuando una
abuela sobreviviente comparte con su nieta la trágica historia de su vida cuando era una
niña escondida en un foso con sólo una rata como compañía. Esta rata le enseñó
a reír y a mantener la cordura. El día después – el año 2000-la nieta cuenta la leyenda de “La niña y la
rata” a su maestra y en 2009 aquellos que la oyeron por sus compañeros de clase
crean un sitio web en Internet con sus poemas. De ahí en adelante su memoria se
expande por el mundo y se convierte en un mito famoso. En 2099, la futura
antropóloga Y-Mee Prana trata de
descubrir sus raíces misteriosas. En su investigación ella revela al primer
hombre que creó este mito en el pasado: el padre Stanislaw, un sacerdote
católico que salvó a la pequeña niña judía (y que más tarde se volvió abuela en
Tel Aviv).En su diario personal, él
documentó todo para asegurarse que el mundo nunca olvidara. Esta cadena de
recuerdos se mueve del presente al futuro y vuelve al pasado.
La novela está
escrita en 5 géneros: historia, leyenda, poemas, ciencia ficción y un diario,
creando un ciclo de 150 años.
¿Cuándo y cómo
nació la historia?
La novela es
la experiencia más profunda y extraña en toda mi vida. Me tomó 2 años
escribirla, sin embargo 10 años antes las semillas ya estaba plantadas.
Mientras vivía
en Nueva York en 1989, asistí a la primera reunión de los niños escondidos(N.del blog: niñas y niños que tuvieron que vivir
ocultos, separados de sus padres que generalmente fueron asesinados).
Al principio eran la imagen del éxito y la Shoá no podía estar unida a ellos.
Luego detecté al niño congelado en su interior, luchando con su memoria y
desgarrado entre un dilema vicioso. Por un lado, su ansia por recordar,
queriendo agarrar el hilo de su identidad perdida. Por el otro, el miedo enorme
de recordarel momento más impactante de
su vida: la separación del seno de sus padres.
Cuando dejé la
conferencia, caminando por Park Avenue en una bella tarde de otoño, oí una voz
que me susurraba en la cabeza “alguien debe de dar voz a estos “niños mudos”.
Nunca pensé que sería yo. Durante 10 años coleccioné testimonios de niñas y niños escondidos. Eran pequeños, lacónicos,
como si no sólo la memoria les hubiera sido suprimida, todo su ser estaba
codificado en pequeñasy formales frases.
El último
disparo para escribir fue una reunión con un sobreviviente que compartió sus
memorias.Durante una conversación en un
café en Tel Aviv, en una noche de invierno en 1998, la puerta se abría y se
cerraba constantemente y me percaté que su cuerpo se sobresaltaba. Su cara se
volvió la de un niño. Entonces me dijo que todavía estaba esperando que su
madre viniera y lo llevara de regreso, como se lo había prometido muchos años atrás.
El golpeteo de la puerta comenzó el libro. Oí
la voz de la abuela en mi cabeza.
¿Qué pasó en
Israel cuando la novela fue publicada?
Me siento
bendecida porque la novela fue recibida con mucho entusiasmo tanto por el
público como por la crítica israelí. Incluso se convirtió en un best seller.
Luego se adaptó para el teatro. Yo escribí el guión de teatro para una ópera
compuesta por la compositora israelí Ella Milch-Sheriff.
Fue
representada por el Teatro de Cameri de
Tel Aviv y por la Orquesta de Cámara de Israel desde 2005 a 2009. La ópera representó a Israel en el Festival de Teatro en
Varsovia, Polonia; en Sibiu, Rumania y en el Teatro Nacional de Bucarest. En
2009 una nueva producción, en hebreo, se presentó en Toronto, Canadá, por la Opera York.
¿Podemos esperar una película basada en tu libro?
Los derechos
del filme fueron comprados por un productor de filmes israelíy acabo de terminar de escribir el guión
cinematográfico. Pero hacer películas en
Israel es un largo proceso para conseguir los fondos necesarios. Aún así soy
optimista.
Tú eres hija de sobrevivientes. ¿Cómo te sientes cuando escribes sobre
los horrores que los nazis le hicieron a personas como tu madre y tu padre?
Mi madre, Mimi
Artz, que sobrevivió a Auschwitz, nunca habló
sobre su horrendo pasado. Aún durante el Día de Recuerdo del Holocausto ella apagaba la radio y la televisión y se convertía en una barricada detrás
de muros de silencio. La única historia que contó fue sobre Clarissa, su Kapo en su último campo de concentración en
Alemania, que la salvó de la muerte. Mamá la llamó “mi ángel”.
Años después
Clarissa me inspiró para mi libro “Hat of Glass” que fue el primer intento en prosa contemporánea israelí en discutir
públicamente el tema de la segunda generación de sobrevivientes del Holocausto.
Ella también inspiró el personaje del padre Stanislaw, el sacerdote católico
que salva a una niña judía en And the Rat Laughed, escrito dos décadas
después.
El “pacto de silencio”entre padres sobrevivientes y sus hijos - “tú
no preguntes y nosotros no contamos”- no se limitó exclusivamente a mi familia.
El Holocausto privado de los sobrevivientes estaba escondido en lo más profundo
de sus almas y sólo la punta del iceberg continuaba emergiendo a través de
pesadillas o de la vida cotidiana israelí; pelando una papa, un perro ladrando,
un vestido desgarrado, un pie descalzo, un viaje escolar, una pista de tren, cualquier
detalle marginal o evento azaroso podía abrir un punto en la memoria guardada detrás
del frágil defensivo muro y derrumbar la casa.
Una generación
entera de niños nacidos en Israel tuvo el mismo mensaje nunca dicho. “Tú no
preguntes y yo no cuento”. Tuvimos que convertirnos en los protectores de
nuestros padres contra los peligros de la memoria. Era nuestro trabajo proteger
a los sobrevivientes de sufrir el trauma del recuerdo. Yo era parte de ello
hasta que me convertí en escritora y los textos me enseñaron a ser diferente.
Escribir me forzó a mirar directamente al borde mismo del foso negro.
“¿Quizás todas
las historias ya han sido contadas?dicen los escépticos”. En mi última novela
“Screwed on backwards”(Kinneret-Zmora-Bitan,
Israel 2012), conté otra vezuna
historia del Holocausto. La novela es la historia de un músicojudío italiano
que es rescatado por su amante cristiana en un pequeño pueblo del Piamonte bajo
la ocupación nazi. El texto en la novela responde a todos esos escépticos: “La
memoria debe de ser monitoreada hacia sus bordes más alejados a fin de que ésta no se desvanezca”.
¿Por qué tu
infancia fue triste?
Siempre había
una sombra persistente por arriba. La mía fue una infancia típica dentro de una
familia de sobrevivientes. Los padres estaban dedicados a sus hijos y
construyeron una buena y protegida vida para nosotros, pero no había risa.
Ninguna “Joie de Vivre” (alegría de vivir)
como dice la expresión francesa. Siempre sentí que había fantasmas en la casa y
yo era una niña muy miedosa.
Nava Semel con la actriz ganadora del Oscar, Olympya Dukakis
Foto Itzik Biran
¿Cuándo
leeremos tus libros en español?
Un libro mío fue publicado en España: “Clases deVuelo”. Siempre espero que otros sean traducidos también, en especial And the
Rat Laughed.
“A
veces
me despierto en las noches de lluvia, cuando las gotas golpean contra
los
cristales, tanteo buscando mis zapatillas y meto los dos pies a la vez
en
ellas. Abro la ventana, aspiro profundamente el aire limpio y miro hacia
el taller de zapatería. El taller está en la oscuridad, envuelto como
en
una manta y espera a que, por fin, se haga de día. Pero sobre él, muy
pegado a
la copa de los árboles, vuela el señor Maurice Havivel, con una fila de
puntas
en la boca y, en cada mano, un zapato blanco como la nieve. La historia
de
Hadara, una chica que quiere huir de la estrechez.”
¿Cuándo y
porqué comenzaste a escribir?
Comencé a
escribir antes de saber cómo leer y escribir. Me contaba historias todo el
tiempo. Las historias eran mi refugio seguro cuando me sentía sola y con miedo.
Cuando estaba en la oscuridad y no podía comprender las circunstancias de mi
niñez. Siempre encontraba refugio en mis personajes imaginarios. Ellos lograron
hacerme feliz cuando la vida no lo era.
¿Estás
escribiendo ahora?
Acabo de
terminar un drama para la televisión acerca de los nuevos inmigrantes que
vinieron a Israel en 1949, cuando el joven Estado fue establecido y tuvieron
que enfrentar una nueva y dura realidad. El drama ya ha sido filmado y saldrá
al aire en la primavera del 2013 en el canal público de la TV de Israel.
Una nueva
pieza mía se está escenificando en el teatro: “Gong Girl” que es un comedia musical para niños, y para
toda la familia, sobre una niña israelí que descubre un viejo cuento folclórico
chino. Tuvo críticas fantásticas, así que estoy feliz. También estoy ocupada
escribiendo una nueva novela de fantasía para jóvenes adultos.
¿Crees en
Dios?
Creo que existe un poder superior más allá de nuestra
comprensión. Cada persona puede encontrar su propio camino para conectarse con
este gran y desconocido poder.
¿Tú crees que
el mundo es ahora un mejor lugar que en 1940?
Desafortunadamente,
no. La gente todavía sigue matando a otra gente. El odio y el genocidio siguen
envenenando a nuestro mundo. Estas son enfermedades malignas en muchas
sociedades. Personas inocentes son asesinadas en todo el mundo cada día. No
estoy tan segura que la lección del Holocausto haya sido aprendida.
Mientras
hablamos los misiles caen sobre Israel, los misiles terroristas de Hamás. ¿Tienes
miedo?
Me siento protegida
por elIron Dome (Escudo de Hierro), una genial invención israelí. Me gustaría que
la lucha termine pronto. Por el bien de toda la gente inocente: tanto israelíes
como palestinos.
¿No estás cansada de que el mundo sea tan injusto con Israel y con el
pueblo judío?
La doble morales frustrantey exasperante. Algunas veces el anti-Israel cubre al viejo demonio
del antisemitismo.
Nava, si
pudieras pedir un deseo, solamente uno, ¿cuál sería ese deseo?
Yo ruego no
perder a nadie ni nada de lo que tengo ahora. Solamente déjenme
conservar lo que tengo y estaré agradecida por siempre.
Quiero agradecer a mi amigo Luis Sedgwick Báez por la
traducción de esta entrevista, del texto de Nava Semel “Un paseo con Fonda” y por su entrañable
amistad.
El
día que cumplí 26 años me encontré por pura casualidad en la parte trasera de una
limusina negra, en Tel Aviv, sentada al lado de Jane Fonda.
Fonda
hablaba. No acerca de Sinatra o de Bogart, de Dietrich o de Gable, no sobre sus
propios éxitos que a pesar suyo flotaban alrededor de ella como un aura. Fonda
hablaba acerca de alguien llamado Rukhana Sasson pero como le era difícil
pronunciar el gutural “rk”, el nombre de la mujer salía “Ruhana”. Mientras
hablaba, su rostro público parecía agrietarse en delgadas y finas líneas.
Bueno,
dijo Fonda, Rukhana Sasson era una mujer de 60 o algo más -Fonda la había
conocido en su país. Rukhana fue liberada en Dachau cuando tenía 20 años. Un
año después se casó y ella junto con su marido emigraron a Israel. Durante los 40 años subsiguientes su
vida parecía deslizarse sin problemas: educó a sus 4 hijos, puso la casa en
orden, sus hijos tuvieron hijos. El pasado parecía haber caído en el olvido. Un
final feliz. Una historia de ensueño.
El
marido de Rukhana hizo mucho dinero, continuó Fonda y los Sasson se fueron a
los Estados Unidos como emisarios del Estado que ellos ayudaron a construir.
Sus hijos e hijas y 3 nietos quedaron atrás. Finalmente Rukhana se sintió libre
de los reclamos de la vida de todos los días. Era una mujer acomodada, presta a
descubrir el fin del mundo. Pero fue precisamente aquí que las imágenes que
ella había sellado hacía mucho comenzaron a burbujear hacia la superficie.
Las pesadillas comenzaron.
En
realidad ella no había recordado. No
había visto ninguno de los filmes. En ciertos días del año, en Israel, había
rechazado prender la televisión o la radio. Cuando sus hijos le preguntaban por
qué, ella respondía “Eso ya se acabó”
Pero
ahora, viviendo en un país foráneo, sus noches se volvieron tal tormento que
ella buscó un sanador para recobrar el sueño.
“Ella
estaba demasiado aterrorizada para cerrar los ojos”, decía Fonda. Yo sentí una
corriente subterráneainescapable que le
invadía su voz.
“¿Cómo
pueden estos recuerdos tan viejos y pesados aflorar después de tantos años?”
preguntó.
Me
dirigí a ella, una mujer elegante y meticulosa, totalmente extraña para mí y
finalmente abrí la boca. “Rukhana Sasson podría ser mi madre”, dije suavemente.
“Mi
madre también apagaba la televisión y la radio ciertos días del año en
Israel…pero su dolor nunca se fue, nunca desapareció. Su dolor había flotado en
su líquido amniótico. Nosotros, sus hijos, bebimos su dolor en su leche. Hasta el
día de hoy aún escucho su lamento: “Quizá nunca debí traerte a este mundo. Quizás pequé al darte a luz”.
Peromientras
hablabaahora, me sentí como si
estuvieraabrazando a mimadre,
comosi ahora,por fin, tuviera la edadsuficiente como paraabrazarla.
Mamá,
me oí decir en silencio, heredé de ti el olorde
la muerte, quizás en tu leche, quizás en tu sangre, quizás en un
sueño, quizás en tus gritos en medio de la nochea
lo largo deladécada de
1950.Como fibras que se encuentran suspendidas en el aire
empujando y retorciéndose.
“Mi
madre nunca habló de su niñez”, proseguí. “Es como si su vida antes de la
guerra le perteneciera a otra persona, como si estuviera partida por la mitad
por un abismo infranqueable”.
Fonda
escuchaba como una cuerda tensa.
“Israel
está llena de Rukhama Sassons que ruegan por perdón porque sus manchas de
sangre y el olor de las cenizas de sus pasados tormentosos se han adherido a
sus hijos e hijas.”
Fonda
cerró la ventana de la limusina negra y miró hacia fuera. Ella se quedó en
silencio y yo también. Y entonces, de repente, recordé que la madre de Fonda se
había cortado las venas.
Fonda
apretó sus manos secas. Con la mancha de sangre y el olor a cenizas que flotaba
en el aire, no nos miramos nunca más.
No me
bendigas, Padre, porque he pecado. No me absuelvas. Fui tu siervo fiel durante
toda mi vida. Pero en este momento te abandono para entregarme al pecado de la
desesperación. Siento cómo el pecado se extiende sobre mí, se asienta en mis
órganos y hasta la salida del sol, habitará todo mi cuerpo. No me absuelvas,
Padre. No podré cumplir la misión, ya la fe me ha abandonado. Pero absuelve a
esta niña que no tiene nombre, porque, sin saberlo, ella es la fuente de mi
desesperación. Abrázala y sálvala.
Ella
está enrollada en sí misma, en la trastienda de la iglesia, muda como una
piedra, mientras yo rezo en vano para que nos envuelva el sueño y nos trague a
ambos. Solamente la mano del sueño puede luchar contra la memoria ultrajada y
demorar por un rato lo que merece ser olvidado, para que el ser humano logre
prepararse para enfrentar un nuevo día.
¿Qué
nuevo día le espera a una niña que es toda noche?
Tú me
has elegido. Entregaste en mis manos a una niña que es fuente de desesperación.
Cuando la vi por primera vez en el confesionario, me pregunté si este ser
formaba parte de la creación. No me absuelvas, Padre, porque he pecado. Dudé de
su humanidad. Me paralicé. Los negros muros me aprisionaban y mi pie comenzó a
moverse sobre el umbral. Quería huir de ese cuerpo desconocido que no emitía
sonido, olía a excremento y cuyos órganos goteaban. Busqué una plegaria, pero
no la encontré. Solo oí el grito que desgajaba mi interior.
Padre,
¿a qué prueba me sometes? Azotado por la impresión me santigüé una y otra vez.
La campesina me amonestaba y yo no podía escucharla. Sin embargo, me vi
empujado a espiarla, contra mi voluntad. Un par de ojos ardían más allá del
tabique enrejado. Como si yo estuviese parado debajo de la cruz, en el Gólgota,
y observase a ese hombre que se desangra, entre dos ladrones.
Ojalá
pudiese romper la red y llegar a ella. Esta noche no me arrodillo ante Ti, sino
ante la niña. No me absuelvas, porque negué el alma que se agita en el interior
de la carne hedionda.
La
cargué en mis brazos hasta mi alcoba, pero ni el movimiento logró hacerle
brotar un sonido. Tiene cinco o seis años. Está arrugada, desgreñada, los
harapos se le adhieren al cuerpo. No logro delinear sus facciones.
Una
niña.
Nunca
antes había sostenido una niña en mis brazos.
Temo
quebrarla.
Estoy
sentado en la oscuridad mientras las palabras brotan. El ser humano llega
iluminado a tu mundo, sin embargo, otros seres humanos arrojan oscuridad dentro
de él. Eso prediqué toda mi vida. Hasta yo mismo sé qué órganos desgarraron a
la niña. También en mi cuerpo hay un órgano así.
No sé
cómo atenderla. Hubiese sido mejor que…
No.
Debo
extraer los clavos y limpiar la sangre.
Lo
que me exiges está más allá de mis fuerzas.
Trato
de hacerla descansar. Su cuerpo sin peso se agita. Con los restos de fuerza que
le quedan se opone, me patea. Por un momento creo que estoy bajando a tu hijo
de la cruz.
“Padre
nuestro que estás en el cielo, santificado sea tu Nombre. Venga a nosotros tu
reino, hágase tu voluntad así en la tierra como en el cielo. Danos hoy nuestro
pan de cada día y perdona nuestras ofensas, como nosotros perdonamos a los que
nos ofenden; no nos dejes caer en la tentación y líbranos del mal. Amén”.
Miles
de veces recé esta plegaria, pero esta noche las palabras se han convertido en
un balbuceo sin sentido.
Nuestra
Señora de la aflicción, así llamamos a este día. En vez de recordar el pesar de
la Madre, me
sumerjo en la desesperación de la hija.
La
campesina se opuso, rehusaba entregarla. Para ella, la niña era un bien, una
fuente de ingresos fija. Su voz se tornó complaciente cuando dijo:
-
Padre Stanislav, ella profanará la casa de Dios.
-
Pagaré – respondí.
-
Nosotros no degollamos a la gallina de los huevos de oro – agregó – Dentro de
poco no quedará en el mundo ni el recuerdo de los asesinos de Cristo. Si no
hubiese sido por Stefan, la hubiésemos entregado hace tiempo. Stefan es un buen
chico. Sabe valorar. Pero ahora los alemanes ofrecen 10.000 marcos a cambio de
un judío. Colgaron un anuncio en el centro comunitario. ¿Lo ha visto, Padre
Stanislav? Esa ya es unasuma honorable.
Se podría arreglar el tejado de la iglesia, para que no se filtre el agua en el
invierno.
Para
ablandar su corazón, llamé a la campesina “hija mía”. Extraje de un estante
escondido un candelabro de oro, cuya base tenía cruces grabadas. Le dije:
“Entrega a la niña y te recompensaré”. Hace unos años, un hombre me había dicho
en la ciudad que el rescate de prisioneros es un precepto para los judíos.
También los postergados, los no queridos, son tus hijos. Pero me tragué estas palabras.
Con voz suplicante reiteré el pedido: “Dame la niña. Ya sabré qué hacer con
ella”.
La
campesina vaciló, pero finalmente la extendió hacia mí.
-
Degüelle a esta pequeña judía con sus propias manos y así vengará la sangre del
Salvador. Pero cuando sostenga el cuchillo, Padre Stanislav, tenga cuidado que
no lo contagie. Pronto, realizaremos una misa festiva en honor a un mundo
limpio de judíos.
Su
risa aún retumbaba cuando encendió otra vela junto al altar.
Su
único hijo también estaba presente en la iglesia. Un muchacho de gran tamaño,
con manos también grandes. No es de mucho hablar, pero sus ojos corretean de
acá para allá. Siempre besa mi mano con una actitud de sumisión, mientras
constata que su madre lo esté mirando. Lo bauticé el día de San Stefan. Cuando
se arrodilla frente a la estatua crucificada, su rostro adopta una expresión de
devoción. Cada domingo, es el primero en la fila del confesionario. Al escuchar
“que Dios habite tu corazón y te permita confesar tus pecados con verdadero
arrepentimiento”, susurra acerca de pequeños robos. Transgresiones sin
importancia. Una semana atrás, bebió hasta emborracharse y se involucró en una
pelea en la aldea vecina. Siempre admite que alguna plegaria se le olvidó, yo
lo absuelvo y lo dejo ir.
Una
niña.
Nunca
mencionó.
Lo
que le hizo en la oscuridad. Con el conocimiento de su padre y su madre. Quizás
haya comprado su silencio. Padre, no me perdones por mis pensamientos impuros.
Reniego de Ti por mi sometimiento a la desesperación, pero no puedo alzar la vista
hacia el futuro sin ver más que muerte. Empujaron a la niña, por la senda,
hacia su muerte. Arrancaron de su camino a la madre, al padre y a toda persona
que la haya amado. No podré luchar contra la desesperación. Esta noche soy yo
el que anuncia: “En vista de la maldad absoluta, no hay salida para la
desesperación”.
Y
antes de que el pecado me conquiste totalmente, te propongo una transacción. Si
produces un milagro y borras todo el horror de su recuerdo, yo purgaré el
pecado.
Dame
una señal.
Espero
en vano.
Parece
que es más factible hacer una transacción con el anticristo que contigo.
16 de septiembre
de 1943
Intento todo. Agua, pan, frazada,
pero ella no permite que me acerque. La observo durante toda la noche,
acurrucada en su rara posición, entre sentada y tendida sobre el vientre,
enrollada para que no sientan su existencia. Cuando me acerco a ella, se encoge
en un pequeño nicho que hay en la pared, junto a mi dormitorio. Quisiera
decirle a esta alma doblada: “Tienes un lugar en este mundo”. Ojalá pudiese
prometerle un lugar también en el más allá.
Me arrodillo ante una niña que fue
violada en la oscuridad. ¿Acaso viste la profanación bajo la tierra o giraste
la cabeza?
Te he dedicado toda mi vida. Lo hice
desde la profunda creencia de que hay piedad en Ti y que la bondad que predico,
la absorbo de Ti. Habría sido mejor que no hubieses distinguido entre la luz y
la oscuridad, que hubieses dejado en pie el desorden, porque el orden que
creaste es solo una ilusión que nos seduce a pensar que hay una ley y que será
aplicada en otro lugar. Pero si no amas a tus criaturas, ¿cómo pretendes que
nos amemos los unos a los otros? El verdadero infierno del que hablo desde el
púlpito, no se encuentra en otro mundo fuera de este, ni empezará el día del juicio
final. Está acá, sobre la faz de la tierra.
El infierno es una leyenda con la
cual negocio, para que podamos sobrellevar el abismo que creamos con nuestras
propias manos. Palabras vacías. Escupo sobre el papel. Si tuviese valor,
destruiría esta iglesia que se encuentra en el corazón de nuestra hermosa
aldea. Luego me pararía sobre las ruinas y declararía a viva voz: “¡Padre, has
fracasado! Y por tu culpa, tampoco nosotros tenemos arreglo”. Sabes que toda mi
vida fui un instrumento lleno de veneración, me anulé a mí mismo frente a Ti, y
acepté tu autoridad sin cuestionamientos. La distancia entre el temor a Dios y
el temor a los seres humanos no es grande. Sosegarte a Ti, sosegarlos a ellos,
era la misma cosa. Quizás pretendí aplacarlos a ellos más que a Ti. Ahora la
desesperación está agotando los restos de veneración que me quedaban y el
pecado me libera. Esta noche y en las próximas, cerraré cuentas contigo.
Dame una señal, Padre. También en
las profundidades de la desesperación no cuento con otro Padre fuera de Ti.
Te demoras. La noche avanza en su
camino, arrastrando vagones de oscuridad, mientras la niña está echada,
dudosamente muerta, dudosamente viva.
18 de septiembre
de 1943
La aldea duerme. Desde mi ventana se
ve la colina, cuyos pies habitamos. Cabañas con techos de tejas y matorrales de
paja. Las paredes pintadas de blanco y los bordes de las ventanas de rojo, como
los colores de nuestra bandera. Alrededor se extienden campos de centeno y
remolacha, parcelas de avena y papa. Mi iglesia se levanta en medio de la
aldea, con el campanario, en cuyo extremo anidan las cigüeñas en primavera. A
la sombra del peral escribo mis sermones. Pasé horas observando el follaje
cambiante, mientras me llenaba de veneración ante el ciclo de las estaciones y
los canteros de capuchinas[1] que planté en el
patio, el día en que llegué para servir en este lugar, hace muchos años. El
centro comunitario y la escuela están ubicados a ambos lados de la iglesia y en
el extremo de la aldea, en el cruce de caminos, está la pequeña capilla.
Viajeros se detienen, rezan y cuelgan ramas verdes y ramos de flores de la
estatua de “Cristo preocupado”.
Un pequeño lugar. Hay muchos como
este. Quién sabrá su nombre. Quién lo recordará. Aquí la vida transcurre como
si la guerra no tuviese lugar. Ellos engordaron los cerdos, ordeñaron las
vacas, recogieron los huevos del gallinero. Comieron sus bocadillos. Pero, ¿qué
esconden en sus sótanos y pozos? ¿Y detrás de sus “Ave María”? Su rutina me fue
impuesta, yo me dejé arrastrar por mis obligaciones y no hice nada para frenar
la peste que se extendía.
Cuando llegaron los tanques
alemanes, salí a recibirlos junto a la capilla. Me subí al primer tanque y
viajé con ellos hasta la plaza principal, en el centro de la aldea. Allí se
detuvieron. Estreché la mano del comandante alemán. Lo bendije, le di la
bienvenida y toda la aldea aplaudió. Tuvimos conquistadores, tendremos
conquistadores, ¿en qué se diferenciaban estos de sus predecesores? Deposité mi
seguridad en la iglesia y creí que si yo predicaba piedad y compasión, cumplía
con la esencia de tu doctrina. Simulé que el horror no ocurría, solo para
evitar el pecado de la desesperación.
Y en este momento la desesperación
me entierra.
Si estas son las personas que
escucharon mis palabras, y al parecer me siguieron, yo soy el merecedor de la
excomunión, porque no tomaron nada de lo que prediqué. Cada domingo viene la
pareja de campesinos, yo pongo sobre sus lenguas la hostia, levanto la copa de
vino y ellos se unen a tu hijo. Pero todo ese tiempo comían la carne de la niña
y succionaban su sangre. Y yo sin saberlo.
Nava Semel:
la galardonadaautora israelí, novelista y dramaturga,
nació en Jaffa-Tel Avivy tiene unamaestría en Historiadel Arte de laUniversidad de TelAviv.
Premios: “Prime Minister's Award
for Literature” (Israel, 1996); “Women Writers of the Mediterranean” (Francia,
1994); "Women of the Year in Literature of the City of Tel Aviv" (Tel
Aviv, 2007.)
Es miembro de la Junta Directiva
deMassuah -the Institute for
Holocaust Studies yThe
Foundation for the Benefit of Holocaust Victims enIsrael.
Durante muchos años fue miembro de la Junta de
GobernadoresdeYad Vashem .
Ha
escrito 17libros de ficción, obras de
teatro, guiones de televisióny libretos
de ópera.
And the Rat Laughed (2001),suaclamada
novela,fue publicada enIsrael
por primera vez e convirtiéndose inmediatamente en best-seller;
publicada enAlemania (2007), Australia
(2008), Estados Unidos (2009)e Italia (2012).
En 2005 se hizo
una versión para la ópera,dirigida por
EllaMilch-Sheriff y producida porel TeatroCameride
TelAviv y laOrquesta de Cámarade Israel. En 2009 está ópera se estrenó en Canadá.Actualmente está en preparación la versión
cinematográfica.
Flying Lessons (Lecciones de vuelo) publicada porSimon &Schuster (1995) adaptadapara la televisiónisraelí,fue traducida al alemán, checo, italiano, español,
holandés, serbio y albanés.Una versión
en ópera fue estrenada en 2009 por la compositora Ella Milch-Sheriff.
Becoming Gershona, ganadoradel National Jewish
Book Award(EE.UU.1990),
publicada por Viking Penguin.Traducida al italiano,
alemán, rumano, holandés.Adaptadapara la televisiónisraelí.
Hat
of Glass (1985), es el primer libro israelí enprosa que trata el tema de la Segunda Generación –hijas e
hijos de sobrevivientes del Holocausto. Fue traducida al italiano, alemán y
rumano.
Sneaking
into the Bible – un espectaculo de canciones compuesta porElla Milch-Sheriff basado en su novela fue
premiado en Abu Gosh Music Festival en 2005.
IsraIsland (2005) tuvo excelentes críticas y fue adaptada para
teatro.
Beginner's
Love (2006) fue publicada en Italia (2007), República Checa (2008), Alemania
(2010) y Eslovaquia (2001). .Losderechos de la películafueron compradosbajo losauspicios del Fondode Cine deJerusalén.
Australian
Wedding,una biografía ficcionada, se publicó en
2009 y rápidamente se convirtió en best-seller.
Screwed
on Backwards (2011), la historia de un joven músico salvado por su
amante Cristiana en la Italia ocupada por el nazismo, recibió excelentes
críticas.
The Backpack
Fairy (2011), libro infantil,
Gong
Girl, su última obra de teatro musical infantil, está en cartelera actualmente
en los teatros Beit Lessin yMediatheque
Youth Theatre.
Su obra de teatro The Child
behind the Eyes, estrenada en 1986, estuvo en
escena en Israeldurante 11 años.
Ha sido adaptada para la radio
por la BBC de Londres, Radio France, Radio Bélgica, Radio España, Radio
Irlanda; seis estaciones de radio en Alemania; Radio Austria y RadioRumania.
Ganó el Premio “Mejor
Drama de Radio” (Austria 1996) y fue grabada en CD. Fue representada en
los teatros deRoma (1990), Nueva York
(1991), Los Ángeles (1996), Praga (1997); en elFestival de Teatro de Sibiu (2004), Resita Teatro en Rumania (2005),
Teatro del Estado de Ankara, Turquía (2005); Lodz Teatro, Polonia (2006 yTeatro de Bucarest (2007).
En 2006 se estrenó en Israel la
versión en idioma árabe. Actualmente está en escenaen Amsterdam, Holanda.
Who Stole the Show?, libro
infantil publicado en 1997, ganó
el premio Illustrated Book of the Year Award(1998)
y fue nominado al
premio
"Ze'ev Award" (1999).Publicado en Italia (2003). Una
versión bilingüe inglés-rumano fue publicada en Rumania
(2008). Unaserie de televisiónbasada en el librofue producida en 1999
por el canal israelí Second Channel.
Nava Semel ha
trabajado como periodista, crítico de arte, productora de televisión, radio y
música.Está casada y tiene tres hijos.